C’è una fase di particolare criticità nella vita delle bovine da latte. Tecnicamente si chiama “periparto” e interessa le tre settimane precedenti e le tre settimane successive al parto.
In questo periodo nella vacca da latte si verificano molti cambiamenti metabolici, immunitari ed endocrini, oltre a squilibri fisiologici. Non solo: il fabbisogno energetico e di nutrienti aumenta drasticamente, mentre l’ingestione potenziale è limitata, con conseguente bilancio energetico negativo.
In particolare, lo stato infiammatorio tipico di questo periodo di transizione contribuisce alla riduzione dell'ingestione di sostanza secca e del tempo di ruminazione giornaliero da parte della bovina. Inoltre, il brusco cambiamento del contenuto energetico della dieta, che tipicamente avviene per i capi allevati in seguito al parto, richiede un notevole sforzo di adattamento del rumine; peraltro, con possibili effetti dannosi sulla performance della bovina qualora l'adattamento fallisse. Il rumine è coinvolto nelle risposte di stress infiammatorio e ossidativo intorno al parto, che sono anche conseguenza delle modifiche del microbiota ruminale e dei pattern di fermentazione.
Tra le strade da percorrere a livello di management aziendale per alleviare questi rischi c’è l’uso di lieviti (generalmente Saccharomyces cerevisiae) che, aggiunti all’alimentazione dei ruminanti, comportano vari effetti positivi, tra cui il miglioramento delle fermentazioni ruminali e delle performances anche per l’apporto di proteine ad alto valore biologico e di vitamine del gruppo B.
Grazie al CREI – Centro di ricerca Romeo ed Enrica Invernizzi per le produzioni lattiero-casearie sostenibili –
è stato recentemente realizzato uno studio specifico in questo ambito intitolato Effect of supplementing live Saccharomyces cerevisiae yeast on performance, rumen function, and metabolism during the transition period in Holstein dairy cows che è stato pubblicato a maggio scorso sul Journal of Dairy Science, con la firma di Luca Cattaneo, Vincenzo Lopreiato, Fiorenzo Piccioli-Cappelli, Erminio Trevisi e Andrea Minuti, ricercatori del Dipartimento di Scienze animali, della nutrizione e degli alimenti (Diana) dell’Università Cattolica di Piacenza.
Attraverso prove sperimentali svolte al CERZOO – l’azienda agro-zootecnica sperimentale dell’Ateneo piacentino – sono stati valutati gli effetti dell'integrazione di lievito vivo sulla funzione del rumine, sulla produzione di latte e sulle condizioni metaboliche e infiammatorie. Dieci vacche multipare Holstein hanno ricevuto un'integrazione di Saccharomyces cerevisiae vivo (ceppo Sc47; SCY) da -21 a +21 giorni dal parto (DFC) o una dieta di controllo senza integrazione di lievito. L’ingestione, la produzione di latte e il tempo di ruminazione sono stati monitorati fino a 35 DFC; inoltre sono stati raccolti campioni di liquido ruminale, di feci, di latte e di sangue in diversi momenti. Rispetto alla dieta di controllo, nel gruppo SCY è stato osservato un aumento dell'ingestione di sostanza secca (16,7 vs. 19,1 ± 0,8 kg/giorno nelle settimane 2 e 3) e del tempo di ruminazione post-partum (449 vs. 504 ± 19,9 min/giorno nella settimana 5). Inoltre, le bovine trattate sono state caratterizzate da una maggiore produzione di latte (45,2 vs. 40,1 ± 1,7 kg/giorno alla quinta settimana) che ha mostrato un contenuto proteico più elevato e una conta delle cellule somatiche più bassa (migliore qualità).
Le bovine del gruppo SCY presentavano inoltre una minore quantità di sostanza secca fecale, ma proporzioni più alte di acetato e più basse di propionato sul totale degli acidi grassi volatili a 3 DFC. L'analisi del plasma ha rivelato un minor grado di infiammazione dopo il parto nel gruppo SCY (cioè una minore concentrazione di aptoglobina alla 1 e 3 DFC) e una probabile migliore funzione epatica, come suggerito dalla γ-glutamil transferasi più bassa, anche se la paraoxonasi era inferiore alla 28 DFC. La concentrazione plasmatica di IL-1β tendeva a essere più elevata in SCY, così come quella di Mg e P. Nel complesso, l'integrazione di SCY ha migliorato i profili fermentativi del rumine e dell'intestino crasso, determinando anche un aumento dell'assunzione di sostanza secca e del tempo di ruminazione post-partum. Inoltre, la risposta infiammatoria post-parto è risultata più lieve e la funzionalità epatica è apparsa migliore. Nel complesso, questi effetti hanno portato anche a una maggiore produzione di latte e a una riduzione del rischio di malattie metaboliche.