Uno studio condotto presso un allevamento lombardo ha valutato l'impatto di un fotoperiodo prolungato (17 ore di luce al giorno) sulle prestazioni delle vacche da latte in inverno. Sebbene non siano state riscontrate differenze significative nella produzione e composizione del latte rispetto al gruppo di controllo, sono emersi benefici in termini di salute e riproduzione.
Bisogna tenere conto che la distribuzione delle ore di luce e buio influisce sui ritmi biologici degli animali, regolando processi endocrini fondamentali. Studi precedenti hanno dimostrato che un'illuminazione prolungata può stimolare la crescita e migliorare la fertilità in alcune specie. Nei bovini, l'effetto sulla riproduzione si è attenuato con la domesticazione, ma il fotoperiodo continua a influenzare parametri fisiologici come l'efficienza alimentare e la persistenza della lattazione.
Risultati promettenti
La ricerca è stata condotta presso la Società agricola Sei Ore srl di Gambara (Bs), con sede operativa a Remedello (Brescia), confrontando due gruppi di vacche: uno con illuminazione naturale e l'altro con un sistema sperimentale che garantiva 17 ore di luce al giorno. Gli animali sono stati monitorati per quattro mesi, valutando produzione di latte, stato sanitario e performance riproduttive.
Per quanto riguarda la produzione, non sono emerse differenze significative tra i gruppi, anche se il fotoperiodo prolungato ha portato a una maggiore persistenza della lattazione. È sulla salute e sul benessere dei capi in allevamento che si sono riscontrati risultati positivi. A cominciare dal fatto che le vacche con illuminazione prolungata hanno mostrato una riduzione di patologie podali e mammarie. Inoltre, è stato necessario un minor numero di interventi per ottenere la gravidanza, con un intervallo parto-concepimento leggermente ridotto. E in generale, le vacche esposte a un più lungo fotoperiodo hanno avuto un minor accumulo di riserve corporee, suggerendo una maggiore attività motoria.
Insomma, l'allungamento del fotoperiodo in inverno non ha incrementato direttamente la produzione di latte, ma ha migliorato la salute e la fertilità delle bovine, con potenziali vantaggi gestionali ed economici. I risultati, sebbene promettenti, necessitano di ulteriori studi per confermarne l'efficacia su larga scala.