Garantire il benessere animale e selezionare bovine resilienti è oggi una priorità per l’allevamento sostenibile. Durante il convegno “Zootecnia di precisione: sfide e opportunità per l'allevamento della bovina da latte”, organizzato dall’Istituto Sperimentale Italiano Lazzaro Spallanzani nell’ambito della Fiera Agricola Zootecnica Italiana (FAZI) il professor Erminio Trevisi, direttore del Dipartimento di Scienze Animali, della Nutrizione e degli Alimenti (DiANA) dell’Università Cattolica del Sacro Cuore e presidente di CERZOO S.r.l., ha illustrato come la zootecnia di precisione possa rappresentare un alleato strategico nella gestione quotidiana delle condizioni di salute e di benessere delle bovine da latte. Sensori e sistemi digitali consentono infatti un monitoraggio continuo dello stato fisiologico degli animali, permettendo interventi tempestivi e mirati.
Indicatori SMART per un benessere misurabile
Il punto è avere indicatori dello stato fisiologico dei capi allevati. La principale fonte di indicatori – ha spiegato Trevisi – sarebbe il sangue, ma per ora non si riesce a ottenere analisi in tempo reale e in continuo, dunque ci si deve rivolgere altrove, e in particolare al comportamento delle vacche e al latte che producono.
Gli indicatori devono avere alcuni requisiti, sintetizzati con “SMART”: Specifici, Misurabili, Accessibili, Realistici e Tempestivi. Tali parametri rendono possibile una gestione oggettiva del benessere, fondata su dati e non solo su osservazioni empiriche che esprimiamo con una delle più classiche definizioni di benessere, ovvero assenza di fame e sete, di dolore, malattie e stress, ma anche il mantenimento di comportamenti naturali e relazioni sociali adeguate.
Grazie ai sensori applicati agli animali si possono monitorare l’ingestione alimentare (DMI), il tempo di ruminazione, la temperatura corporea e il tempo di riposo, parametri misurabili con vari dispositivi di PLF e che ricerche degli ultimi anni hanno potuto correlare allo stato di benessere degli animali, ad esempio rappresentato dal Liver Functionality Index (LFI) che “riassume” diversi indicatori sanguigni relativi all’adattamento delle bovine alle condizioni stressanti del periparto. In questo modo, è oggi possibile rilevare precocemente variazioni indicative di dismetabolie, stress o infezioni specialmente nella fase più critica della lattazione che va dalla messa in asciutta alle prime fasi di lattazione.
Qualche esempio? Il calo dell’ingestione di sostanza secca prima del parto si è rivelato un segnale precoce di possibili patologie nella fase di transizione. Oppure, un aumento della temperatura corporea (oltre i 39,5 °C) si correla a un calo importante e difficile da recuperare della produzione di latte.
Dal latte alla diagnosi: quando la PLF “legge” la salute
Le tecnologie di precisione trovano applicazione anche nella valutazione del latte, che si conferma un punto di osservazione privilegiato sulla fisiologia della bovina. Attraverso analisi di spettroscopia infrarossa (FTIR) e sistemi di analisi in linea come AfiLab, è possibile stimare anche parametri metabolici e immunitari ematici (come glucosio, aptoglobina e indicatori di stress ossidativo) direttamente dal latte. Queste analisi, sviluppate grazie alle ricerche condotte dal gruppo di Trevisi e del collega Cecchinato dell’Università degli Studi di Padova, permettono di prevedere la condizione immunometabolica dell’animale, e promettono un deciso miglioramento nella prevenzione delle dismetabolie e nella gestione sanitaria dell’allevamento.
Una sfida di competenze per la zootecnia del futuro
La Precision Livestock Farming non è solo una rivoluzione tecnologica, ma anche culturale. Come ha sottolineato il professor Trevisi, la sua efficacia dipende dalla capacità degli operatori di interpretare i dati e integrarli nella gestione aziendale. Servono nuove competenze, una formazione continua e una visione olistica che coniughi benessere animale, efficienza produttiva e sostenibilità.
L’evoluzione attesa è quella verso sistemi intelligenti integrati, in grado di connettere i dati provenienti da sensori, modelli biologici e algoritmi di intelligenza artificiale, offrendo un supporto decisionale in tempo reale. Una sfida ambiziosa ma inevitabile per un’agricoltura sempre più “data-driven”, dove la salute della mandria diventa il primo indicatore di una produzione etica e sostenibile.
